INTRODUZIONE
Possiamo affermare con sicurezza
che nel vasto repertorio per clarinetto, uno dei brani più
significativi sia senza dubbio i Tre pezzi per clarinetto solo
di Stravinskij.
Nato nel 1919, questo capolavoro è
stato uno dei primi brani del novecento dedicati al clarinetto
solista.
L’opera del grande compositore
russo ha dato il via ad una folta produzione musicale dedicata a
questo strumento utilizzato da solo, basti pensare ai lavori
successivi di Messiaen (Quatour pour la fin du temps) del
1941, di Sutermeister (Capriccio for unaccompanied Clarinet)
del 1946, di Bucchi (Concerto per clarinetto solo) del 1969,
di Berio (Sequenza IX) del 1980, etc…
L’ampio utilizzo che Stravinskij
fa del clarinetto nelle sue opere, ci permette di denotare la grande
considerazione che aveva per questo strumento.
Le grande potenzialità espressive
del clarinetto ben si prestavano alla variegata e colorita scrittura
musicale del compositore russo. Moltissime sono infatti le
importanti opere in cui esso compare, ad esempio:
L’Historie du soldat, The
rake’s progress, il Settimino, il concertino per 12 strumenti,
l’epitaffio per clarinetto, flauto e arpa, l’Ebony concerto, le
sinfonie per strumenti a fiato, le tre canzoni per William
Shakespeare, l’Elegia per J.F.K., etc…
Molto importante anche la
presenza dello strumento in ambito orchestrale, basti pensare alla
presenza nella Sagra della primavera di un clarinetto piccolo
in Mib, tre clarinetti soprani in Sib e due clarinetti bassi in SIb.
Vista l’importanza di
quest’opera, ho ritenuto interessante mettere in luce le fonti dalle
quali S. si ispirò per la stesura dell’opera, per poter meglio
comprendere lo spirito con il quale approcciarsi all’esecuzione di
queste pagine musicali, sicuramente non semplici, sopratutto per
quei musicisti che si affacciano per la prima volta allo studio
della musica del ‘900.
Infine, ho
inserito una sezione dedicata allo studio dell’opera stessa,
mettendo in luce le principali difficoltà che potrà incontrare il
musicista di fronte alla pagina e proponendo alcune tecniche di
studio che potranno agevolarlo verso un’esecuzione coerente ed
efficace.
La prima e fondamentale
considerazione da fare, riguarda l’indicazione che lo stesso
Stravinskij riporta sul frontespizio dei Tre pezzi : “Tutti i
simboli che indicano respiri, accenti e indicazioni metronomiche
all’interno dei Tre pezzi devono essere rigorosamente rispettate”.
Ciò da una chiara idea di come
Stravinskij, come molti compositore del tardo ottocento e sopratutto
del primo novecento, ricerchi la massima precisione nel dare
indicazioni all’esecutore, per far si che la propria idea, venga
trasformata in suoni nel modo più fedele possibile, senza che
l’interpretazione personale dell’esecutore snaturi l’idea originale
del compositore.
Tutto ciò caratterizza
profondamente l’approccio allo studio di quest’opera.
Il nome dato all’opera in esame,
ben rappresenta un’importante caratteristica di questa composizione:
La struttura in tre parti fortemente caratterizzate e ben distinte
tra loro.
Il primo pezzo da eseguirsi
‘preferibilmente’, come lo stesso Stravinskij scrive, con il
clarinetto in LA, è una pagina fortemente introspettiva e
meditativa, l’indicazione iniziale ‘sempre p e molto tranquillo M.M =52
‘ rende subito l’idea dell’atmosfera di attesa che il compositore
vuole creare.
Il metro non è mai stabile (2/4,
5/8, 7/8, 3/8,3/4, 6/8) e i valori utilizzati sono solo due, crome e
semiminime, l’unico cambiamento di colore avviene nell’ultima
battuta (poco più f e poco più mosso) che attraverso una corona
(‘lunga’) porta al secondo pezzo.
Qui Stravinskij mantenendo l’uso
del clarinetto in LA, cambia completamente sonorità, passando ad una
pagina molto virtuosistica che molto spesso utilizza il registro
acuto dello strumento.
Da notare la mancanza della
suddivisone in battute e dell’indicazione del metro, scelta che può
lasciare intuire il desiderio dell’autore di dare un carattere
‘improvvisativo’ al pezzo.
La parte centrale, fortemente in
contrasto con la prima, vede impiegato il registro grave dello
strumento in una sorta di dialogo tra due frasi che riportano poi il
discorso su toni decisamente brillanti e accesi, riprendendo il
materiale sonoro che era stato proposto nelle prime battute.
Il terzo
pezzo, da eseguirsi ‘preferibilmente’ con il clarinetto in
Sib, vede il ritorno della suddivisione in battute, con un metro in
continua evoluzione (2/4, 5/16, 3/16, 3/8, 2/8, 3/4, etc…),
fortemente caratterizzato dall’aspetto ritmico e dall’uso
dell’accento, questo pezzo riprende molte cellule ritmiche tipiche
del Rag-time ed insiste su di una sonorità quasi sempre forte e
decisa.
LE FONTI
Stravinsky e il Jazz
I riferimenti sull’influenza del jazz su i
Tre pezzi per clarinetto solo di S. appaiono ripetutamente negli
scritti del repertorio del clarinetto. Dato che la relazione tra il
Jazz e il lavoro di S. può essere difficile da percepire a livello
uditivo, ci si può chiedere in che misura sia presente nei tre pezzi
oppure, se altri elementi hanno ispirato la composizione.
I tre pezzi appartengono all’ultima metà del
periodo russo, che durò dal 1910 al 1920 circa, periodo in cui S.
affermò la sua reputazione con i suoi tre grandi balletti
Petrouskca, L’uccello di Fuoco e La Sagra della Primavera tutti
lavori scritti prima della prima guerra mondiale. Le ristrettezze
economiche imposte dalla guerra, forzarono S. a rinunciare
temporaneamente alle grandi composizioni orchestrali in favore di
piccoli ensamble strumentali come L’Historie du Soldat del
1918. I tre pezzi appartengono a questa parte delle produzioni di S.
I Tre pezzi vengono terminati nel 1919
anche se degli schizzi abbastanza completi esistono già dall’autunno
del 1918. Furono composte come pegno di gratitudine per il
clarinettista dilettante Werner Reinhardt, il benestante industriale
svizzero che finanziò L’Histoire, per il quale trascrisse
anche il trio. Fu il clarinettista Edmond Allegra ad eseguire la
prima volta i Tre pezzi l’8 Novembre del 1919 a Losanna.
Nel periodo in cui compose i Tre pezzi,
il Jazz ebbe ampia influenza sulla produzione S.
Egli. disse che ‘ Il Jazz, nel senso lato
del termine , ha esercitato un influenza altalenante sulla mia
musica dal 1918’ e che ‘Il
Jazz ha apportato un grosso cambiamento nella mia musica, l’
Histoire segna la mia rottura finale con la scuola russa nella quale
sono cresciuto…’
S. spiegò anche che i suoi lavori ispirati dal
jazz rientrano in due categorie, la prima, riguarda i pezzi ispirati
dagli spartiti di stampo Jazzistico, come per esempio il
Ragtime per 11 strumenti del 1918 e il movimento in tempo di
Ragtime dell’ Histoire; la seconda riguarda i pezzi ispirati
da performances improvvisate come ad esempio il brano
Piano Rag-music del 1919 e i Tre pezzi (1919).
La maggior parte delle fonti che citano i
Tre pezzi, non distinguono tra l’ispirazione ti tipo
improvvisativo e quella invece tratta dagli spartiti, tendendo a
inserirlo genericamente nei lavori di stampo jazzistico.
S. si fece influenzare inizialmente dagli
spartiti jazz, infatti ebbe i primi contatti con questi nuove
partiture quando il direttore Ernest Ansermet tornò da una tournee
americana con una serie di riduzioni pianistiche e parti
strumentali.
S. prese spunto da questi ritmi jazzistici sia
per la realizzazione del movimento Rag dell’Historie, sia per
il Ragtime per 11 strumenti.
S. descrive il tempo Rag dell’Historie
come ‘ l’emblema di questo stile’, come allo stesso modo, ‘i
valzer di Chopin non sono ‘solo’ valzer ma l’emblema del valzer’.
(S. usa il termine ‘Portrait’ per proporre
questo concetto, termine che difficilmente è traducibile in italiano
in questa connotazione)
S. molto presto notò che la musica Jazz suonata
dal vivo era profondamente diversa da quella riportata sulla carta.
Il compositore disse che se i suoi successivi lavori di ispirazione
jazzistica ebbero più successo grazie al fatto che facevano
trasparire una maggiore consapevolezza della tecnica improvvisativa,
infatti dal 1919 scoprì un maggiore interesse verso le esecuzioni
dal vivo, riferendosi ai lavori senza metro per piano e per
clarinetto solo, che non sono ovviamente vere improvvisazioni ma
realizzazioni scritte di idee di chiaro stile improvvisativo.
Come molti artisti dei primi del 900’ S. fu un
astrattista, il suo è un ‘Portrait’ astratto del jazz, così come lo
è la sua rappresentazioni del materiale folkloristico russo in altre
sue composizioni del primo periodo.
Per la comprensione di qualsiasi lavoro
astratto e’ utile conoscere le caratteristiche del soggetto,
pertanto, é importante conoscere quale corrente del Jazz ha
influenzato S.
Un motivo per cui è difficile cogliere gli
elementi tipicamente jazzistici nei lavori di S. è il fatto che il
Jazz si è evoluto in diversi stili dalla sua nascita ad oggi.
Normalmente il pubblico contemporaneo associa il Jazz a figure come
Dave Brubeck e Bill Evans oppure a stili come il bepop e lo swing,
in realtà il Jazz conosciuto da S. era il Ragtime.
Questo stile era bene rappresentato come la
polifonia di new Orleans, in riferimento alle molteplici,
indipendenti e simultanee linee eseguite dai membri del Big band. I
ritmi di queste linee insistono spesso su rigidi schemi
sincopati.
Ascoltare le registrazioni dei primi Ragtime da
una chiara visione del tipo di jazz che S. ascoltava durante la
realizzazione dei tre pezzi.
La prima incisione di una Jazz Band è datata
1917-1918 (THE ORIGINAL DIXIELAND JASS BAND) e può dare un ottimo
esempio del ruolo del clarinetto (Larry Shields), che abbelliva con
improvvisazioni solistiche le melodie principali che molto
frequentemente avvenivano nel registro acuto dello strumento.
Le linee melodiche prevedono un ritmo sincopato
e difficoltà tecniche notevoli, spesso impiegato in brevi frasi
solistiche che portavano da una melodia all’altra, spesso inoltre
dialogava con altri strumenti, rispondendo loro con improvvisazioni
sincopate che talvolta vedeva anche l’utilizzo del glissando. In
altri brani invece, raddoppiava parti d’accompagnamento mentre altri
strumenti eseguivano gli assoli.
Nella realizzazione del secondo e terzo
movimento dei Tre pezzi, S. sembra aver preso palesemente
spunto dall’uso del clarinetto nel Ragtime di quel periodo.
Il secondo movimento vuole evocare un
‘astrazione’ dell’improvvisazione, mentre il terzo pezzo usa i
classici ritmi del Ragtime. S. si è mostrato attratto dall’utilizzo
dei registri estremi e dalle difficoltà tecniche già in opere
precedenti.
Il secondo
movimento mostra una tessitura particolarmente acuta, tratto tipico
delle prime improvvisazioni Jazz (Example 1)
S. utilizza
diverse tecniche per dare l’idea dell’improvvisazione sincopata del
Ragtime: (Example 2) l’utilizzo di differenti cellule ritmiche (2a),
l’utilizzo di note apparentemente casuali nel registro acuto (2b),
l’uso di abbellimenti per creare un effetto di spostamento del metro
(2c) e l’uso della pausa all’inizio della seconda riga (2d). Inoltre
è presente una battuta che vede l’utilizzo di note sovracute,
tipiche del Ragtime (Example 3).
La sezione centrale, sebbene ancora senza metro
è chiaramente meno ispirata al jazz, contraddistinta dal dialogo tra
due incisi melodici, come avveniva nel primo movimento.
Il terzo movimento risulta essere in contrasto
con il secondo per la presenza della suddivisione in misure, ciò ci
può far dedurre che solo il secondo movimento è veramente ispirato
dallo stile improvvisativo, in quanto S. stesso dice che nella sua
visione, l’improvvisazione alla quale si è ispirato è quella priva
di riferimenti metrici.
In questo movimento infatti S. si è lasciato
ispirare dai brani in stile di Ragtime che aveva potuto visionare
sulla carta, sono infatti proprio le cellule ritmiche sincopate
l’elemento principale di questo movimento.
Qui di seguito
si possono ritrovare i tipici ritmi del Ragtime contestualizzati da
S. ad esempio si confrontino le sezioni tra parentesi degli esempi
5a, 5b e 5c con i ritmi dell’esempio 4°, e ancora l’esempio 5d con
il ritmo 4g.
Anche il terzo
pezzo utilizza abbellimenti, ritmi molto irregolari e metri misti
per evocare il tipico ritmo sincopato del ragtime (Example 6). Un
altro elemento tipico del Ragtime è l’utilizzo di cellule melodiche
ripetitive come accompagnamento, utilizzate da Sstravinsky
(Example7).
E’ più difficile affermare che il primo tempo e
la sezione centrale del secondo movimento manifestino un influenza
Jazz, in entrambi S. utilizza due voci distinte, contraddistinte da
una forma regolare in forma responsoriale. Questo tratto, se è vero
che era comune in alcuni brani jazzistici del primo novecento,
(Example8) non ci può dire con certezza che S. abbia attinto dal
jazz anche da questo punto di vista, in quanto lo stile
responsoriale non è prerogativa del jazz, bensì anche di molti altri
stili e generi, come ad esempio la musica sacra.
S. stesso non
ha mai esplicitato questa relazione, a differenza dell’uso del metro
libero e dell’uso delle cellule ritmiche tipiche del Ragtime, che ha
invece più volte menzionato.
IL CLARINETTISTA BLUES
Sulle origine del materiale da quale S. abbia
preso spunto nella realizzazione del primo movimento ci sono diverse
ipotesi. Alcune di esse riguardano degli eventi che possono aver
influenzato S., altre collegano il primo movimento ad un duetto per
fagotto mai pubblicato.
Una delle storie più interessanti sostiene la
teoria dell’influenza Jazzistica anche peri il primo movimento.
La storia di un clarinettista blues, riportata
da Joseph Allard studente di Edomond Allegra (il primo esecutore dei
Tre pezzi ) e dal musicologo Nicholas Slominsky, risulta
essere la tesi più affascinante.
Questa storia narra che S. sentì durante lA
tournee europea di una jazz band, un assolo blues suonato da un
clarinettista particolarmente malinconico. Una prima versione della
storia dice che S. parafrasò il primo movimento attingendo
dall’assolo, mentre un’altra versione afferma che S. trascrisse le
stesse identiche note eseguite durante l’assolo (gli altri due
movimenti conterrebbero degli estratti presi direttamente da altre
parti del concerto) inclusa l’ultima misura.
Una versione più colorita della storia, secondo
Slominnsky, narra che il clarinettista fosse particolarmente
nostalgico dell’ambiente famigliare e della moglie, esternando il
proprio stato d’animo suonando il proprio strumento senza usufruire
del momento di pausa concesso alla band, Allard riporta anche il
commento del clarinettista alla fine dell’assolo (“ Aw the hell with
it!”).
Un’ipotesi vede nel grande Sidney Bechet della
Southern Syncopoted Orchestra, il misterioso clarinettista dal quale
S. si sarebbe ispirato, corroborata anche da Vera S. e Robert Craft,
che riferiscono di una dichiarazione fatta da S. stesso al critico
musicale Edwin Evans.
Tuttavia documenti di viaggio e altre
testimonianze confutano questa ipotesi in quanto i primi schizzi dei
tre pezzi risalgono ai mesi di Ottobre e Novembre del 1918, mentre
Bechet non sarebbe arrivato in Europa prima del 1919. E’ inoltre
impossibile che S. avesse ascoltato Bechet attraverso una
registrazione in quanto non incise nulla sino al 1927.
A confutare l’ipotesi si aggiunge il problema
della credibilità di Evans, lo stesso S. lo riteneva “ingenuo e poco
intelligente”. Possiamo intuire che i due non fossero in ottimi
rapporti.
Tuttavia
l’influenza del clarinettista americano potrebbe essere presente
nella revisione del pezzo che venne terminato nel 1919 e pubblicato
da Chester nel 1920.
LE IDEE E LE IMMAGINI
Altre ipotesi sulle origini dei Tre pezzi,
vogliono che il materiale sonoro utilizzato da S. sia frutto di
sentimenti personali o scene immaginarie dello stesso compositore.
S. dipinge il primo movimento come ‘una scena desolata ’ o
‘ una persona che sta contemplando un problema ’, mentre i
lunghi arpeggi nel registro acuto del secondo movimento,
rappresentano ‘ la descrizione di uccelli ’ la parte centrale
del secondo movimento rappresenterebbe ‘ un gatto che prepara un
agguato agli uccellini…..tuttavia gli uccelli tranquilli volano via
(all’indicazione sombrer le son)’.
Questa
versione è corroborata in parte dal clarinettista Rosario Mazzeo,
che riferisce di una conversazione con S. durante la quale il
compositore descrive il primo movimento come una raccolta di suoni
introspettivi e personali. Durante questa stessa conversazione S.
avrebbe confermato l’influenza del Jazz nel suo lavoro.
"lIED OHNE NAME"
Un'unica teoria riguardante l’origine del primo
movimento è associata alla cooperazione tre S. e Roberto Craft.
Craft disse
che il primo movimento è ‘apparentemente’ basato su dei motivi
appartenenti ad un inedito duetto per fagotto ‘ Lied ohne Name’,
canzone senza nome. (Example 9)
Craft mette in luce le battute che ritiene
possano essere tratte dal duetto affermando che ‘Prima dell’Ottobre
del 1918 questo pezzo divenne la fonte del primo dei Tre pezzi
per clarinetto
(osservare le misure 2-3, 7-9, 15-16, 18 e
20-21- le quattro scale discendenti di crome.
I segni di agonica e le battute segnate da
Craft suggeriscono due relazioni diverse.
Le battute ‘2-3 e 7-9’ costituiscono uno
spunto, le battuta 15-16, 18 e 20,21- le quattro scale discendenti
di crome- costituiscono l’altro spunto.
Osservando il
primo movimento dei 3 pezzi conferma l’idea di due relazioni
separate, da battuta 2-3 e 7-9, non contiene le quattro scale
discendenti di crome che menziona Craft (Example 10).
Secondo l’opinione di alcuni, non è evidente il
legame tra la ‘Lied Ohne Name’ e i 3 pezzi come sostiene Craft. Il
tutto appare forzato e spesso non verificabile. Inoltre sembra che
Craft abbia fornito dei riferimenti delle battute spesso imprecisi o
scarni di esempi. Inoltre non ci sono prove documentate di scritti o
interviste fatte a S. che parlino della relazione tra il duetto per
fagotto e i Tre pezzi.
In un attento confronto tra la Canzone
senza nome e il primo movimento dei Tre pezzi, si possono
rilevare delle discrepanze. Innanzitutto Craft sembra notare una
relazione tra la scala di quattro crome discendenti delle misure
15-16, 18 e 20-21 del primo movimento dei Tre pezzi (vedi Ex
10.a) e battute 12-19 nella parte del secondo fagotto del “Lied ohne
Name” (vedi Example 9).
Osservando
attentamente, si può rilevare che il gruppo di quattro note
discendenti della parte del fagotto è un ostinato costituito da una
seconda minore e due seconde maggiori (Example 11).
L’ostinato è utilizzato nelle battute 15-16 dei
Tre pezzi (sebbene interrotto dall’uso dell’abbellimento), ma
non è utilizzato nelle battute 18, 20-21 che cambiano direzione e
salgono anziché discendere regolarmente.
Craft
dimentica di sottolineare che il pattern di note da lui preso in
considerazione è presente nelle battute 14 e 17 e appare leggermente
modificato nelle battute 19-20 (Example 12).
Negli esempi di ostinato proposti, sembra che
Craft fosse stato disattento citando le misure 20-21 piuttosto che
le misure 19-20 e forse ritenne superfluo citare le misure 14 e 17
che contengono gli stessi intervalli della 15.
Dal punto visto ritmico e melodico le battute
14-20 del primo movimento assomigliano leggermente all’ostinato del
duetto per fagotto, tuttavia nel primo movimento dei Tre pezzi
l’ostinato del clarinetto è interrotto da respiri, abbellimenti e
interruzioni melodiche dando alla line a del clarinetto una
caratteristica flessibile e non rigida.
Oltremodo gli ostinati del registro grave si
ritrovano in molti pezzi di S., pertanto il basarsi solamente su
queste relazioni appare inconsistente.
Craft suggerisce inoltre che le battute 2-3 e
7-9 sono derivate dal duetto. E ‘ molto difficile identificare ogni
riferimento in questo caso. Togliendo l’ottava nelle misure 2-3 e
non considerando il cambiamento di ottava delle misure 7-9 come
melodie separate, è possibile trovare una similitudine motivica tra
il duetto e il primo movimento dei Tre pezzi, dato che
entrambi i frammenti contengono melodie costituite da seconde e
terze, tuttavia miglia di pezzi sono costruiti utilizzando seconde e
terze, quindi questa relazione sembra forzata.
Provando a suonare al pianoforte il duetto si
potrà notare che non vi è un evidente relazione con il brano per
clarinetto solo, è molto chiaro nel confronto tra l’ostinato di
quattro suoni presente in entrambi i lavori: la versione del
clarinetto è flessibile, spezzata da acciaccature, respiri e
interruzioni melodiche, viene a mancare quindi la percezione
dell’ostinato.
La relazione tra le battute 2-3 e 7-9 del primo
movimento e la canzone senza nome appare difficilmente
udibile.
S. non ha mai commentato personalmente
l’influenza dello stile responsoriale del Jazz nel suo lavoro, egli
descrisse il primo tempo come contemplativo e introspettivo.
Avendo analizzato le fonti nella stesura dei
tre pezzi, è doveroso considerare se essi vengono prese in
considerazione nell’esecuzione del brano.
L’insistenza di S. nell’indicare perfettamente
le modalità di esecuzioni ci fanno pensare che S. avrebbe segnalato
sicuramente la necessità di inflessioni jazzistiche nell’esecuzioni.
Nei tre pezzi S. sosteneva che se l’esecutore
avesse seguito meticolosamente le indicazioni da lui riportate, il
risultato sarebbe stato il ‘Portrait’ del jazz che lui voleva dare.
Rosario Mazzeo
riporta una conversazione in cui S. stesso diceva di non volere una
performances jazz, proprio perché l’effetto desiderato si sarebbe
ottenuto dalla scrupolosa adesione alla pagina musicale.
LO STUDIO
Andremo ora a denotare quali siano le tecniche
di studio più efficaci per affrontare questa composizione.
Il primo tempo, caratterizzato dal particolare
clima di attesa e da un colore molto ‘interiore’ e ‘intimista’,
necessita di una grande attenzione alla qualità e alla pulizia del
suono, che deve restare omogeneo nel passaggio dalle note del
registro grave a quelle ‘di gola’ ( sol5, sol#5, la5..).
Questo passaggio crea spesso anche problemi di
intonazione, essendo le note ‘di gola’ spesso crescenti, soprattutto
se suonate piano come richiesto dall’autore.
Una grande attenzione alla qualità del legato
sarà fondamentale per un’esecuzione ottimale, essendo esso uno degli
elementi che maggiormente contribuiscono a creare ‘tensione
musicale’, elemento che bene si presta alla realizzazione
dell’impronta musicale di questo primo tempo.
Tutti gli elementi sin ora menzionati sono
accumunati dall’importanza di un emissione ottimale.
Come tutti i tempi lenti, sicuramente il
clarinettista dovrà prestare molta attenzione alla qualità
dell’insufflazione, per ottenere come risultato una colonna d’aria
sempre ben sostenuta, grazie ad un soffio costante e veloce anche
nelle sonorità più deboli (mp, p, pp). Ciò permetterà di limitare i
problemi inerenti l’intonazione, il legato e la qualità del suono.
Ricordando l’indicazione iniziale di
Stravinskij in cui l’esecutore dovrà attenersi scrupolosamente alla
pagina musicale assumono un ruolo fondamentale tutti i segni di
agogica e dinamica, come crescendo, diminuendo e soprattutto, i
segni di respiro. Questi ultimi sebbene possano essere interpretati
in diverso modo, dovranno contribuire alla creazione di micro pause
all’interno del fraseggio musicale, facendo ben attenzione a non
spezzare in continuazione la tensione musicale.
Infine porrei l’attenzione sull’ultima battuta,
che grazie all’indicazione ‘poco più
f e
poco più mosso’ mette l’ascoltatore
nelle condizioni di intuire che qualcosa sta per cambiare,
lasciandolo in un clima di attesa.
Il secondo
pezzo, necessita di una solida base tecnica, vista la velocità di
esecuzione di passaggi spesso impegnativi, nel registro acuto dello
strumento, di cui sarà importante curare l’omogeneità con i registri
inferiori e l’intonazione (vedi esempi 1b, 1c, 2a, 2b, 2c ,2d, 3).
Lo studio della prima e della terza parte
richiederà un approccio moderato, affrontando i passaggi ad una
velocità notevolmente inferiore a quella di esecuzione, per
permettere una memorizzazione molto chiara e definita dei passaggi,
soprattutto nel registro acuto.
Sarà inoltre
molto utile studiare questi passaggi cambiando la disposizione
ritmica dei suoni come nei seguenti esempi:
1) 2)
3)
4)
Cambiando il punto di appoggio, quindi la
disposizione degli accenti rispetto alla frase originale, si
permetterà un’assimilazione di tali passaggi in modo più solido.
Nonostante il metro libero, Stravinskij dà un
indicazione chiara sui rapporti tra i valori dove =,
di grande importanza quindi è il rispetto rigoroso dei rapporti tra
i valori soprattutto nelle figure irregolari come gruppi di sette e
nove note.
La parte
centrale invece presenta meno difficoltà tecniche, qui l’attenzione
va posta sul rispetto rigoroso delle dinamiche dove, le due frasi
che Stravinskij presenta, sono caratterizzate oltre che per un
cambio di registro (la prima utilizza le note più gravi dello
strumento, la seconde le note medie), anche per un cambio di
dinamica (da pp a mp), che sarà importante realizzare con attenzione
per dare una maggior chiarezza a tutto il discorso musicale, fatto
di proposta e risposta tra i due soggetti (vedi esempio).
Il terzo pezzo come già detto in precedenza è
fondato su una forte caratteristica ritmica.
Un ottimo esercizio preliminare può essere
quello di cantare il pezzo, battendo le mani ogni volta che si
incontra un accento. Sarà sicuramente più semplice successivamente
realizzare con energia tali accenti che in parte saranno già stati
assimilati.
Un buon metodo per farli risaltare maggiormente
può essere quello di suonare un po’ più piano le note immediatamente
successive all’accento (Stravinskij stesso suggerisce questo
espediente in alcuni punti (misure 29-31, e 34-36 ad esempio).
Anche in questo caso è assolutamente
auspicabile una prima parte dello studio a velocità ridotta, in modo
da poter assimilare sin dall’inizio tutte le dinamiche e tutte le
particolarità ritmiche inserite da Stravinskij.
Continui e imprevisti sono infatti i cambi
metrici,che vedono la frequente alternanza di ritmi binari, ternari
e irregolari.
La dinamica
generale del pezzo è
f,
da notare
quindi l’ indicazione sombrer (più piano) che Stravinskij
riporta tre volte (misure 13, 37, 52 ), seguite sempre
dall’indicazione di crescendo che riportano il discorso ad
una sonorità ampia e decisa.
LE EDIZIONI
Di questo
lavoro esistono due edizioni: la prima del 1920 edita da Boosey and
Hawakes, Omega music e Chester music che presenta alcune
differenze rispetto alla successiva del 1993 revisionata da Nicholas
Hare ed edita da Chester music.
BIBLIOGRAFIA
-
Stravinsky , Roman Vlad , Piccola biblioteca Einaudi
-
Sources and inspirations for Stravinky’s three pieces for
clarinet solo, by Crystal Heame Reinoso
(pubblicato
sulla rivista ‘The Clarinet’dei mesi di Maggio/Giugno e
Luglio/Agosto del 1996)
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